01 Maggio 2024

Essere «pellegrini di speranza»

La preghiera è il primo passo del cammino verso una relazione autentica con il Signore. L’unica che ci può rendere veri pellegrini di speranza.
Essere «pellegrini di speranza»

© Nicola Bianchi / Archivio MSA

L’anno che stiamo vivendo precede il Giubileo del 2025: come possiamo prepararci a questo importante evento? Papa Francesco ha voluto dedicare l’anno corrente alla preghiera: senza inventare chissà quali iniziative o progetti particolari, l’invito è innanzitutto quello di «recuperare il desiderio di stare alla presenza del Signore». In che modo possiamo farlo? Penso che, per prima cosa, sia importante renderci conto di qual è il nostro modo di pregare. 

La forma più comune di preghiera è chiedere qualcosa a Dio: ci troviamo in una situazione di bisogno, in cui da soli non ce la facciamo, e chiediamo aiuto al Signore, desiderando che Lui intervenga, in qualche modo, per risolvere i nostri problemi. Alcune volte le cose vanno come vorremmo, altre proprio no, la situazione non migliora. Pensiamo, ad esempio, alla richiesta di pace nel mondo: quante preghiere vengono fatte per questo, ma ancora oggi ci sono conflitti devastanti in atto e pare che le cose non cambino. E così ci viene da dire: dov’è Dio? Perché non si occupa di queste cose? In realtà Dio non si sostituisce a noi, non fa il tappabuchi delle nostre mancanze, e non risponde a una logica commerciale: tu mi dai preghiere, opere buone, rinunce e io ti do in cambio un aiuto.

No, a Dio non interessa uno scambio di cose con noi, ma desidera incontrarci, entrare in relazione con noi. Come ha scritto Dietrich Bonhoeffer, «Dio non esaudisce tutti i nostri desideri, ma compie tutte le sue promesse» e, tra queste, risuonano le parole di Gesù, alla fine del Vangelo: «Io sono con voi». Certo, Gesù ha detto: «Chiedete e vi sarà dato», ma ha poi specificato che la cosa buona che il Padre vuol donarci è anzitutto lo Spirito Santo. Dio non si fa strumentalizzare come gli dèi pagani, uno per ogni bisogno umano: Marte per la guerra, Venere per l’amore, Cerere per la fertilità… Cerca, al contrario, la relazione con noi: non opera il bene senza di noi, non ci sostituisce nel nostro impegno quotidiano. Desidera entrare nella nostra vita, ci chiede di non lasciarlo fuori, per questo ascolta le richieste con cui mettiamo davanti a Lui quanto abbiamo nel cuore. In particolare, Dio ascolta il grido della nostra preghiera (come dicono i salmi): ancor più che le parole, l’intensità del desiderio con cui ci rivolgiamo a Lui.

Un’altra questione che emerge nella preghiera di richiesta è chi preghiamo. È capitato che qualcuno mi chiedesse: «È giusto pregare i santi o Maria? Non è che in questo modo non mettiamo Dio al suo posto?». Questo pensiero è importante: a volte facciamo del santo un idolo, dimenticandoci il motivo per cui è santo. Non anzitutto perché ha fatto miracoli, ma perché ha seguito il Signore; ed è questo l’invito che tutti i santi fanno anche a noi! Dobbiamo allora smettere di pregarli? No, anzi: spesso in loro ritroviamo dei tratti che ce li fanno sentire vicini, amici, familiari, e questo ci porta ad aprire facilmente il nostro cuore a loro. Invocare il loro aiuto è chiedere che preghino per noi: loro, che già sono con il Signore, pienamente concordi con Lui, intercedono per noi.

La preghiera autentica ci mette in cammino: non è uno schema precostituito e fisso, ma è relazione con il Signore. Questo non vuol dire che le preghiere che ripetiamo, come il Rosario, non siano importanti: anzi, sono dei sentieri che ci portano a Dio, a patto però che cerchiamo Lui e non noi stessi, che ci rivolgiamo a Lui e non ci ripieghiamo solo sui nostri bisogni. In questo modo possiamo diventare «Pellegrini di speranza», come titola il tema del Giubileo del 2025: proprio la preghiera è occasione per metterci in cammino, per aprire la nostra vita alla fiducia, alla speranza, all’incontro con Dio e con gli altri. 

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Data di aggiornamento: 01 Maggio 2024
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